In occasione dell’unico live romano delle Thundermother, abbiamo realizzato questa intervista esclusiva prima della loro esibizione al Jailbreak. Un incontro davvero bello, nel quale Filippa, Giorgia, Linda, Tilda e Clare hanno mostrato il loro lato più semplice di cinque ragazze come tante con un sogno che in questa occasione si è realizzato. Fascino si, ma anche talento, perché fare una girl band non significa puntare tutto sull’aspetto fisico, o sulla presenza carismatica. È ben altro e le Thundermother ce lo hanno dimostrato
Prima però di seguire alla pubblicazione dell’intervista, un ringraziamento è doveroso al mitico Frank Marrelli, chitarrista degli One Eyed Jack che ci ha fatto da “interprete” in questa occasione.
Come è nato il gruppo delle Thundermother? Considerando anche la composizione eterogenea di questa band, che vede due elementi come Giorgia Canteri, italiana alla chitarra ritmica e Clare Cunnigham, irlandese alla voce.
Filippa Nässil (chitarra solista): “Ho iniziato essenzialmente io. Mi sono spostata dalla mia cittadina originaria a Stoccolma, perché li dov’ero io non c’era nulla ed io avevo molta voglia di fare musica. Quella realtà mi stava stretta. Mi piaceva l’idea di mettere insieme una band per fare una cosa tipo AC/DC, insomma qualcosa veramente rock. “Ho incontrato Jo (Giorgia) per caso in una festa, io le parlai della mia idea di creare una band, Jo invece mi disse che stava per vendere la sua chitarra. A quel punto le dissi: “Non la vendere, facciamo una band insieme”. Mi trovai subito a mio agio con lei. Ognuna di noi aveva un’amica da convincere: fu così che io convinsi in seguito Tilda e lei convinse Linda ad unirsi a noi due”. Questa è stata la nostra origine, niente di particolare. Solo un’intesa. “Ci serviva una cantante brava. Avevamo trovato Clare che aveva già una sua band. Era quella che faceva al caso nostro. Una con una voce che spacca, e che attira col suo aspetto. Insomma una che tira”.
Ma oltre a Clare, voi tutte venite da esperienze con altre band?
Filippa Nässil (chitarra solista): “Si, tutte noi veniamo da altre esperienze musicali”.
Ma quanto tempo è che voi cinque suonate insieme?
Filippa Nässil (chitarra solista): “Come Thundermother noi esistiamo dal 2010, la formazione attuale nasce circa un anno fa. L’ingresso di Clare è l’ultimo innesto nella band, da allora siamo stabili come gruppo con questa formazione”.
Avete già pubblicato un disco “Rock’n’Roll Disaster”, che ha avuto un riscontro molto positivo e vi ha proiettato con una notevole rapidità nel gotha dell’heavy metal come band rivelazione dell’anno 2010. Hanno espresso giudizi molto positivi su di voi personaggi come Ralf Gyllenhammar dei Mustach o Fredrik Åkesson degli Opeth. Vi aspettavate un esordio così travolgente?
Filippa Nässil (chitarra solista): “È stato un successo. Si. Ci ha permesso di girare l’Europa, di aprire concerti di artisti importanti come i Korn. Siamo veramente contente di questo. Non ce lo saremmo mai immaginato”.
Giorgia Canteri (chitarra ritmica): “Io ho creduto molto nelle visioni di Filippa, anche se tutto è partito da una mia voglia di vendermi la chitarra e lasciare la musica. Lei mi diceva: “Fidati di me, arriveremo a raggiungere traguardi importanti. “Io mi sono fidata. Ma davvero non mi aspettavo di raggiungere un tale successo, con un solo album”.
Ma tu in Svezia come ci sei arrivata? Conoscevi già l’ambiente, vi siete conosciute davvero per caso?
Giorgia Canteri (chitarra ritmica): “Io andavo già su in Svezia perché lavoravo per un magazine musicale e mi occupavo prevalentemente di metal, scandinavo, nordico in generale. La per queste cose è il mondo ideale. Si organizzano festival metal su navi da crociera, per esempio. Ventiquattro ore di navigazione sentendo metal tra Stoccolma ed Helsinki. Queste cose mi hanno coinvolto ed in questo contesto ho conosciuto Filippa”.
La musica metal è senz’altro apprezzata in una maniera diversa da quelle parti…
Giorgia Canteri (chitarra ritmica): “Beh, diciamo che è qui, che c’è uno stereotipo del metallaro come il capellone tatuato drogatissimo che scrive pezzi sotto allucinogeni o durante stati di trance. Li in Svezia anche il ragioniere, l’insegnante delle elementari, la mamma di famiglia, può apprezzarla. Ti rispettano se fai metal, sei considerato un artista meritevole e se vali investono su di te. Qui ti dicono: “Vai a lavorare!” Ti guardano sempre un po’ male e non ti danno spazio. Va bene la musica melodica, più di li non si va”.
Tu sei italiana, di dove precisamente?
Giorgia Canteri (chitarra ritmica): “Di Verona. Anzi per essere precisa, della provincia di Verona: Valpolicella”.
Adesso perché vivi stabilmente in Svezia?
Giorgia Canteri (chitarra ritmica): “Si, anche se si scende ogni tanto per venire a trovare i parenti. Oggi siamo qui a Roma, domani parto per un matrimonio a Verona e ci hanno piazzato proprio una data li. Così abbiamo preso anche quella tappa. Poi Gorizia”.
Siete contente dell’interesse dei media nei vostri confronti?
Giorgia Canteri (chitarra ritmica): “Altroché, siamo anche un po’ scioccate nel senso buono del termine. Noi comunque pensiamo di meritarcelo, perché dietro c’è un grande lavoro. Lavoriamo tanto, ci dedichiamo a lunghe ore di prove e di registrazioni. Abbiamo mollato lavori precedenti, affetti, tutto, ci siamo spostati, andando a vivere in città diverse, per la voglia di suonare e di arrivare dove vogliamo arrivare. Ogni sessione di prova è un’impresa: Clare da Dublino è andata a vivere in Inghilterra e fa avanti e indietro da li. Io mi sono spostata a Göteborg, le altre ragazze vivono sulla costa orientale della Svezia, ci incontriamo poi tutte a Stoccolma per provare, due o tre giorni prima di ogni concerto e poi si parte…”
Dopo questo tour italiano dove siete dirette?
Giorgia Canteri (chitarra ritmica): “È in programma per ora un tour in Inghilterra a settembre. Andiamo a tentare di conquistare la patria del rock. Li sarà veramente un’esperienza fantastica. Siamo già state in Spagna dove abbiamo avuto un’accoglienza calorosissima e molti conoscevano già le nostre canzoni. Stiamo andando bene e questo è quello che conta”.