Quando si ha in mano un disco che riprende un canzoniere universalmente noto, la tentazione è di togliersi dall’imbarazzo liquidandolo tutt’al più come “una valida raccolta di cover”, sottintendendone l’assenza di originalità o addirittura la pigrizia mentale. È invece con una seducente sintesi di eclettismo e poesia che lo Smallable Ensemble celebra la figura di John Lennon in occasione degli 80 anni dalla nascita e dei 40 dalla tragica fine
Ricorrenze del 2020, certo, ma rimandate a causa dell’emergenza sanitaria e niente affatto dimenticate. Anzi, l’anno supplementare è servito a completare la realizzazione dell’album dedicato al Beatle con gli occhiali, che abbraccia sia brani del suo cammino da solista che in seno ai Fab Four. L’operazione è un successo che lascia senza fiato. L’Ensemble decide di valorizzare la funzione dell’esecutore, e si impossessa di Lennon e delle sue scritture dalla qualità senza tempo così come una schiera di primari interpreti pop, soul e jazz si sono confrontati con il Great American Songbook, Cole Porter, Bacharach o Bob Dylan. Integrando l’eclettismo già insito nelle versioni originali con una visione eclettica, almeno parimenti inclusiva, conferma che sono la sensibilità e l’intelligenza dell’interprete ad allungare la vita artistica di una composizione.
Lo Smallable si porta dietro una cultura da palco trasversale, che fa uso di nozioni di folk, blues, country e Americana. Ne fanno parte quattro polistrumentisti piemontesi di fama nazionale: Alex “Kid” Gariazzo, chitarrista e cantante della Treves Blues Band; Marco “Benz” Gentile, chitarra e violino con gli Africa Unite; Michele Guaglio, bassista di area rock e jazz, partner di Susanna Parigi, Morgan e del chitarrista svizzero di heavy blues Vic Vergeat; Roberto Bongianino, fisarmonicista tra folk, blues e tango, già con Paolo Bonfanti, Enea Leone e Animalunga. Alle registrazioni principali, avvenute a Torino, si sono aggiunte quelle effettuate in remoto da ospiti di oltre oceano.
A proposito della scelta del repertorio, non è quello già comodamente saccheggiato da qualsiasi band di quartiere. A fianco di “Norwegian Wood”, “Crippled Inside”, che il contributo di Jono Manson e l’accordion di Bongianino immergono idealmente negli acquitrini di Louisiana, e “Girl” (forse la più vicina alla fonte, con la nasale voce solista di Doug Seegers), figurano scelte meno ovvie. Come una “All I’ve Got To Do” dal profumo tex-mex e il controcanto di Patricia Vonne Rodriguez, oppure “Watching the Wheels” e “Beautiful Boy”, qui ipnotizzata dall’anarco-hippy canadese Bocephus King. Estratte da “Double Fantasy”, furono accoppiate in un singolo postumo. E qual è l’ultima volta che avete ascoltato una replica di “Cold Turkey” accelerata e allucinata come un boogie dei Canned Heat?
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