“Un giorno mi ha telefonato un signore, mi sembra si chiamasse David”. Così Annie Brown Caldwell ricorda il primo contatto con David Byrne. Per l’etichetta Luaka Bop dell’ex frontman dei Talking Heads, Annie e la sua famiglia hanno appena pubblicato un album destinato a lasciare il segno
Per quanto ruvide e geograficamente decentrate rispetto alle capitali del business, le tracce di “Can’t Lose My (Soul)” sono in linea con le migliori produzioni di soul e funk degli ultimi decenni.
Annie Brown, allora ragazzina, era parte di una family band dedita a un gospel crudo e viscerale, che nel 1975 aveva fatto circolare delle incisioni casalinghe sotto il nome, fuorviante, di Staples Jr. Singers. Nel 2022 Luaka Bop ripubblicò l’intera raccolta dal titolo “When Do We Get Paid”, inserendola in un catalogo variegato, che rintraccia tutto quello che sta tra primitivismo e sperimentazione. Ne scaturì un inatteso successo crossover.
Dai tempi di quelle prime registrazioni, la donna non si era fermata. Una volta sposata, aveva seguitato a esibirsi, per lo più a livello locale, in un’altra formazione, con il marito chitarrista Willie Caldwell Sr., tre figlie femmine, due maschi e la figlioccia, Toni Rivers. Non più Staples Jr. insieme ai fratellini, ormai sono Annie and the Caldwells, forti di due CD presso la Ecko di Memphis.
La matriarca sostiene di aver cooptato le figlie nella band dopo averle sentite cantare blues. “Ho detto: lasciatemi prendere quelle ragazze prima che se le prenda il diavolo”. Che i tempi siano maturi per un rilancio del gospel più autentico, convenzionale contrappeso sacrale al blues?
La voce solista di Annie abita la linea di confine tra divino e profano, con richiami a Mavis Staples (memore del folk gospel dalle linee familiari dei suoi primi idoli giovanili), a Chaka Khan e agli esuberanti strepiti di James Brown. I brani, talora estesi e ipnotici come la title track e il mantra “Don’t You Hear Me Calling”, talaltra stringati (“Wrong”, pura, essenziale sontuosità, confezionata per il chitlin circuit, e l’inquieta “I Made It”, dal refrain “You Dropped a Bomb on Me” e dal bellicoso basso alla Bootsy Collins), sono stati incisi in chiesa. La sofisticazione ridotta a zero e il colloquio diretto e spesso invasato con “Dear Lord”, fanno dell’album un classico istantaneo.
Se gli Staples Jr. avevano sede ad Aberdeen, Mississippi, con i Caldwells siamo una ventina di miglia a sud, a West Point, nel cuore della Black Belt Prairie. La Prateria Nera, una striscia di territorio che si snoda attraverso il Mississippi e l’Alabama, è così chiamata per il suo caratteristico terreno scuro e fertile.
I dati statistici mostrano una preminenza della popolazione afroamericana, con quote percentuali doppie rispetto ai residenti bianchi. Qui, in un sobborgo, paradossalmente chiamato White Station, nel 1910 vide la luce Howlin’ Wolf, tra i massimi interpreti di blues di ogni tempo. A lui West Point ha dedicato un museo e un festival a cadenza annuale. Come si dice da queste parti, la mela non cade mai lontano dall’albero.
L’album “Can’t Lose My (Soul)” è disponibile in CD e vinile su Amazon (qui), in streaming su Amazon Music Unlimited (sottoscrivendo un abbonamento qui) e Apple Music (qui).